La prima volta che vidi il M° Maioli fu a metà degli anni Sessanta. Io ero un giovanissimo alunno di dieci undici anni dell’Istituto musicale “G. Verdi” di Ravenna, mia città natale, di cui lui era da anni il direttore. Aspettavo nell’atrio dell’Istituto, situato allora nel vecchio edificio progettato dall’architetto Camillo Morigia, e il Maestro scendeva le scale, col suo solito passo deciso, nonostante i gravi problemi alla vista; controllava poi l’orario guardando l’orologio al polso, a pochi centimetri dagli occhi. La prima impressione che ebbi, dovuta forse in parte alla mia giovane età, fu quella di un uomo austero, di una persona “d’altri tempi”, tutta d’un pezzo, ma molto gentile, perché, anche in tutte le altre occasioni simili che si ripeterono, non dimenticava mai di entrare nell’atrio d’attesa e di salutare quanti erano presenti, dai genitori, agli allievi alle bidelle.
Qualche anno dopo iniziò un rapporto più diretto e personale, fra maestro e alunno: non però per l’insegnamento dell’armonia e della storia della musica, materie che lui insegnava a tutti gli studenti che avevano superato il corso inferiore dei rispettivi strumenti, bensì per il pianoforte. Uno studio inadeguato alla natura delle mie mani mi limitava ogni possibile progresso tecnico e interpretativo e soltanto il comune e paziente lavoro del M° Maioli e del mio insegnante di allora, il prof. Paride Orselli, mi diede la possibilità di rimediare ai difetti acquisiti e di poter completare i miei studi pianistici. Il M° Maioli creava esercizi e studi appositamente per me, sempre diversi a seconda dei problemi da risolvere, verificando costantemente i risultati raggiunti. La sua perspicacia e la sua pazienza nel cogliere puntualmente nel segno ogni singolo problema erano veramente sorprendenti.
Il rapporto fra studente e insegnante andò negli anni gradualmente trasformandosi in un rapporto sempre più personale e “familiare”. Nei primi anni Settanta fui suo allievo per armonia e per storia della musica. Ebbi modo così di apprezzare, oltre alle sue conoscenze più tecnico-strumentali, la grandissima cultura non soltanto musicale, ma generale del M° Maioli. Le sue lezioni erano sempre di estremo interesse, i suoi discorsi chiarissimi, anche di fronte ad argomenti complessi, e aveva la capacità di stimolare la ricerca e l’approfondimento personale di ogni studente.
Ricordo ancora quando durante una lezione suonò il Preludio del Tristano e Isotta di Wagner, facendone contemporaneamente un’analisi molto dettagliata e commentandone gli aspetti espressivi e stilistici. A volte gli bastavano poche decisive parole per far comprendere un autore, un’opera musicale o uno stile, riuscendo ad adeguare il proprio linguaggio alle diverse “condizioni culturali” degli alunni (ce n’erano di più giovani e meno giovani, di studenti liceali o di altre scuole, di studenti che avevano soltanto la terza media).
Negli anni successivi, anche se avevo lasciato l’Istituto musicale di Ravenna per il Conservatorio e l’Università di Bologna, continuai a frequentare il Maestro, e il nostro divenne un rapporto di amicizia: era ormai per me una figura paterna. Andavo abbastanza spesso a casa sua in via Diaz, dove conobbi anche la moglie, la figlia e il nipotino Massimo.
Talvolta ci incontravamo per le vie del centro e ci univamo in lunghe passeggiate, nelle quali i nostri discorsi spaziavano su tanti argomenti: la musica innanzitutto, la letteratura e la poesia, l’arte in generale, e, in quegli anni turbolenti, la politica. Sulle arti umanistiche la sua conoscenza era immensa e il suo giudizio preciso e inconfutabile. In quanto alla politica era un socialista illuminato e lungimirante, un idealista puro che credeva al socialismo come comportamento di vita, filosofia e non soltanto politica. E queste sue idee sono state per me un insegnamento che è tuttora presente e influente sul mio modo di pensare e di vivere.
A casa sua continuavamo poi a intrattenerci ancora sulle nostre considerazioni di natura culturale, ma anche su questioni personali. Alcune volte lo accompagnavo a Bologna (quando andavo in Conservatorio o all’Università), conoscendo quanto fosse diventato grave il disturbo alla vista, ormai limitatissima: aveva sempre qualche interesse; fra i tanti la passione per i libri antichi, di cui era un grande conoscitore. Sapeva tutto sui diversi editori, sui diversi tipi di carta, di pergamene, sui tipi editoriali, sulle rilegature e su tanti altri particolari; era anche un abile restauratore di libri. Così sono venuto a conoscenza di tante cose interessanti e di piccoli negozietti specializzati, nascosti nelle viuzze del centro di Bologna.
Mi si rivelò anche come una persona di spirito, capace di lasciarsi andare senza inibizioni: aveva sempre qualche aneddoto da raccontare (tanti sui musicisti, compositori, interpreti o grandi direttori d’orchestra, o sugli artisti in generale, ma anche di sé stesso) o qualche battuta spiritosa, di cui poi rideva di gusto e senza freni (cambiai idea sull’impressione di austerità che avevo ricevuto da ragazzino: si trattava probabilmente soltanto di serietà professionale).
Purtroppo non ho mai avuto occasione di ascoltare o di esaminare sue composizioni, anche perché era molto schivo e restio a parlarne (questo dimostra probabilmente anche la sua grande modestia). Negli anni Ottanta mi trovai a insegnare lontano dalla mia città e frequentai meno il M° Maioli, che però era sempre presente nel mio ricordo e lo è tuttora: un ricordo affettuoso e riconoscente del suo insegnamento di scuola e di vita.
Alberto Cristani è musicologo e docente di Storia della musica al Conservatorio "F.A. Bonporti" di Trento.
Questo articolo, apparso originariamente sul libretto di sala pubblicato in occasione del concerto “Ricordando Nino Maioli” (12 luglio 2005), è qui riprodotto per gentile concessione di Ravenna Festival.