Musiche di romagnoli alla Classense di Ravenna
A.R., L’Unità, 23 maggio 1954
[sul Concerto di musiche di compositori romagnoli, Ravenna, 18 maggio 1954]
Il concerto di martedì 18 u.s., presentato dagli Amici della Musica di Ravenna, giungeva preceduto dal successo di Forlì. Questo concerto, comprendente musiche di compositori romagnoli contemporanei, costituisce quasi una mostra dell’attività musicale della nostra regione ...
Ci sono parsi degni di un’attenta considerazione i lavori del M° Nino Maioli e del M° Guido Guerrini: la Suite per piano del primo indica un serio impegno a liberarsi da ogni superfluità formale, da tutta la retorica facile dello sterile sentimentalismo per giungere ad un linguaggio chiaro e preciso, che mira al risultato essenziale, ricco di un’umanità vigorosa, con stringatezza di mezzi: netta formulazione di un programma pianistico consapevolmente rivolto ad impostare in termini attuali una comunicativa pienamente valida ...
La Suite di Maioli
Spectator, L’Unità, 30 maggio 1954
Desideriamo impegnarci, sia pure con un giudizio sintetico, a proposito della Suite del maestro Nino Maioli, eseguita a Ravenna nella recente Mostra di compositori romagnoli.
La prima impressione è quella che ci autorizza a formulare il giudizio sul piano dei valori musicali. Essa ci indica un disegno, una struttura, una coerenza nello svolgimento del discorso tematico che colpisce anche il profano.
Tuttavia può accadere che l’assenza di retorica, l’assunzione dei motivi nostalgici ad alimento di una spiritualità che si svolge in una tensione ritmica dalla prima nota fino a quella conclusiva, l’assenza di concessioni all’abbandono lirico, possano veramente far pensare ad ermetismo musicale, ovvero ad una composizione fredda seppure tecnicamente ottima.
Noi non siamo di questo parere. L’Adagio ci offre la chiave per intendere un discorso molto serio che rischia di interrompersi e di non avere svolgimento, l’Adagio riflette una disperata volontà di mantenere un contatto col mondo, di mantenere altresì una fiducia essenziale nelle strutture che reggono l’uomo nella sua solitudine.
Le note acquistano nella loro discontinuità e lentezza di emissione una densità e un peso insolito. Anche il timbro diviene carattere espressivo di primo piano e supplisce alla mancanza di un canto disteso.
L’Allegro non è abbandono gioioso, ma oseremmo dire che è piuttosto conquista convulsa e grottesca di un ritmo che è di soddisfazione e di gioia solo in quanto segno di una raggiunta armonia col mondo.
La Suite è un movimento che non ha conclusioni se non nella sua interna dialettica e in essa Maioli si rivela, sì artista, nella serietà e completezza formale, ma soprattutto nella onestà con cui si impegna nel tradurre la sua tematica che è estremamente viva e complessa.
Ripetiamo ancora che non si tratta di ermetismo, ma piuttosto di uno sviluppatissimo senso del decoro musicale, unito ad una forma di pudore che non permette a Maioli né concessioni a sé stesso, né agli altri.
La completezza di quella Suite e il suo equilibrio formale ci impediscono di vedere quale potrà essere l’ulteriore sviluppo della personalità artistica del Maestro.
Su questo punto siamo invero perplessi e vorremmo chiedere a Maioli un’opera meno perfetta, ma che lasciasse intravvedere la chiusura di un problema individuale per affrontare altro impegno.